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sabato 25 settembre 2010

Scrivere, scrivere e ancora scrivere

“Siamo quello che scriviamo, da lì non ci scappi.”
Usava dire la mia vecchia prof. di lettere. Ho sempre avuto un ottimo rapporto con questa materia, in ogni livello di scuola. Ma credo sia stato ai tempi delle medie superiori che ho sviluppato un affetto particolarmente approfondito per la scrittura. Capita sempre così; chi ha delle difficoltà, o semplicemente un’avversione profonda, per la matematica solitamente ama il suo rovescio della medaglia. La matematica ha leggi ferree, non la puoi inventare o uscire dalle sue regole, i numeri non sono opinioni ma precisi puntelli della fisica e della materia. A differenza della lingua, che ha si anch’essa le sue precise regole, ma ti permette di spaziare con una maggiore libertà. Permette alla fantasia di svilupparsi, di seguire un proprio volo più o meno pindarico. Permette di sognare. Ecco quindi che affascinato sempre dalla fantasia, dai suoi aspetti concreti o estremamente evanescenti, mi sono tuffato prima nella lettura e poi nella scrittura. Scrivere è per me basilare, è un modo di esprimere concetti, di liberare argomenti altrimenti difficilmente in grado di spaziare all’esterno. Scrivere è attingere al proprio interno, scavare a fondo in quello che abbiamo dentro chiuso da compartimenti stagni, trovare la chiave per collegare le stanze nascoste. Se è vero che gli insegnanti hanno il dovere di aiutarti a sviluppare e intraprendere la strada verso cui sei predisposto, devo ammettere che a più riprese hanno cercato di forzare la mia timidezza e cocciutaggine, per spingermi verso corsi di scrittura che permettessero alla mia creatività di maturare con la penna.
Chissà come mai sono proprio gli insegnanti di lettere che ricordo con maggiore affetto, rammentando le loro lezioni, la loro capacità di farci scorgere quel barlume celato dentro le pagine di un libro, dietro la biografia di un autore. Sono stati importanti per la mia formazione e mi hanno aiutato ad amare questa forma di espressione oggi per me indispensabile. Grazie.

mercoledì 8 settembre 2010

Lavori che procedono

Come si suol dire: "il calzolaio gira con le scarpe rotte".
Infatti, pur lavorando nella comunicazione integrata e nel design, quello che ancora mi mancava da pubblicare era il mio stesso sito.
Per la verità una paginetta c'era; la classica home page che segnala la proprietà di un dominio. Ma nulla di più. Giusto il gettone di presenza per avere delle caselle di posta elettronica personalizzate (in fondo, diciamocelo, per quanti ottimi servizi la rete offra, nessuna casella di posta vanta la stessa efficacia di una casella a pagamento).
L'idea è stata quella di pensare ad un sito statico (sono contrario ai classici "effetti speciali" che mirano a imbrigliare l'occhio con tanto fumo e lunghi tempi di caricamento) che, in modo funzionale e professionale, presentasse chi sono e cosa faccio.

Oggi anche i siti non sono più una eccessiva novità. Soppiantati spesso da blog aggiornatissimi e da altri social network. Credo però che una vetrina strutturata in modo personale ed esteso difficilmente possa essere sostituita da altre realtà di rete. Certamente può essere affiancata, si possono trovare dei mezzi per evidenziare il proprio lavoro, e la propria presenza, con maggiore efficacia e, soprattutto, moda. Non dimentichiamoci che molti fenomeni oggi non lo saranno domani. Le nuove tecnologie rendono obsolete settimane e mesi (talvolta anni) di impegno.
Ma un sito, se curato senza troppi orpelli, se ricco di sostanza e poco fumo, se aggiornato con regolarità, ha sempre un suo peso.
Lo potete trovare a questo indirizzo, che è anche quello sulla colonna destra del blog: www.acidea.it