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venerdì 8 marzo 2013

Con gli occhi di un Clown

L’ironia è la chiave di volta per interpretare, con intelligenza e sottigliezza, il mondo che ci circonda. 
E probabilmente il simbolo dell’ironia, nell’immaginario collettivo, è il clown. Il più celebre tra queste figure rappresentative è sicuramente Charlot, personaggio ideato da un’intuizione di Charlie Chaplin. Lo scopo era di mettere in scena un comico in grado di esprimere concetti, umanità, romanticismo e arguzia con pochi dialoghi e studiati gesti. Dagli occhi di questo clown di strada filtrava la variegata civiltà del tempo. A lui e ad altri grandi del passato, come il nostrano Totò, mi sono ispirato all’epoca in cui diedi vita al mio Clown. In una serie di racconti autoconclusivi della lunghezza di una singola cartella editoriale sopra il foglio elettronico.

Un personaggio che con la disinvoltura di un pagliaccio goffo si destreggia, a volte con metrica da canzonetta, altre con monologhi di fronte a un pubblico immaginario, altre ancora con riflessioni amare ma animo poetico, - strizzando l’occhio al fiabesco e al metafisico - nel quotidiano della nostra civiltà attuale. Un luogo pervaso da incredibili contraddizioni, da assurde ingiustizie sociali, da decadenza di valori e ideologie. Ma anche un luogo dove il sentimento umano lotta per emergere, dove la volontà e la fame di denuncia non si lasciano sopraffare. Il Clown lo fa alla sua maniera, retrocedendo di tre passi e guadagnandone uno. Sfoggiando una leggera ironia ma senza nessuna ansia di protagonismo. 
Cercando, anzi, di confondersi tra la folla, consapevole che l’essere umano vero, quello in grado di sfuggire alla repressione emotiva di una società ferita profondamente, non potrà mai dimenticare la straordinaria forza insita nella capacità di riuscire ancora a indignarsi. Da pochi giorni ha preso il via, qui, la sesta stagione del serial; nove atti nel mondo di un pagliaccio, per vedere con occhi consapevolmente ricolmi di trucco attraverso la diversa attualità che ci circonda. Magari con un po’ di amarezza e anche con un pizzico di follia, ma senza mai lasciare oscurare sentimenti e nobiltà d’animo.

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