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venerdì 1 gennaio 2016

Il segreto del nuovo romanzo

Terminato il 2015 è tempo di affrontare il nuovo anno rimboccandosi le maniche. Nel mio caso, perlomeno a proposito di quanto scrivo su questo spazio virtuale, occorre parlare di penna e calamaio: perché è da questa coppia di oggetti – oggi rappresentati da monitor e tastiera – che nascono le pagine dei libri. Tuttavia, esporre le caratteristiche del prossimo romanzo, in fase di lavorazione, lo ritengo prematuro. Ci sono autori che rendono note le peculiarità di un nuovo libro con un’anteprima di vari mesi, rispetto alla realistica pubblicazione dell’opera, quando il manoscritto non è nemmeno terminato, oppure è sottoposto alle corpose revisioni del caso. Mi è capitato di leggere il titolo del romanzo, di uno scrittore mio conoscente, con sei mesi di anticipo; estratto narrativo compreso. 

Tanto che, quando quel libro uscirà, se la memoria non mi aiuterà, penserò possa trattarsi di una seconda edizione. Immagino sia una questione di business: il medesimo ingranaggio che costringe le case editrici, e gli autori sotto contratto, a presentare nuovi lavori a ritmi sempre più serrati, raddoppiando – a volte persino triplicando – i titoli delle penne di punta nell’arco dei dodici mesi. Nella nostra epoca consumistica, e in un paese come il nostro, da sempre fanalino di coda negli acquisti dei libri, l’offerta è incessante e progressiva. Non c’è il tempo, come invece avveniva in passato, e nemmeno la volontà di metabolizzare il senso di una storia che difficilmente potrà aspirare a diventare un classico. È un fast food letterario, che stuzzica e attrae, alzando il rischio di incappare in cibo spazzatura. Si può comunque vivere felici di fast food, come di slow food, senza per questo rinunciare all’una o all’altra cucina: gli ingredienti sono gli stessi, cambiano le modalità di preparazione e le tempistiche. L’ispirazione passa sempre sui medesimi binari e si coglie sfruttando poche regole fondamentali. L’idea nasce stimolata dallo sviluppo di altre idee.

Ad esempio ascoltando musica, cogliendo gli stati d’animo del musicista attraverso le note sul pentagramma. E leggendo le opere di altri autori, magari molto distanti nei generi e nello stile: perché s’impara qualcosa percorrendo tecniche nuove, diverse, non ripetendo sempre le stesse. È difficile leggere una saga letteraria senza incappare in una sensazione di déjà vu. Così, se si ama il genere fantasy, si potrebbero trovare idee inaspettate scegliendo un rosa o un giallo. Questo è uno dei segreti del mio nuovo romanzo: coltivare delle basi d’ispirazione agli antipodi. Quando termino la lettura di un libro di Terry Brooks, mi immergo in uno storico fumettistico drammatico come il Dago di Robin Wood. Quando finisco la nuova avventura di Hap e Leonard di Joe R. Lansdale, leggo un libro o un fumetto di Fancesco Dimitri. In comune, le opere che leggo – oppure ascolto, se si tratta di una canzone, oppure guardo, se si tratta di una pellicola cinematografica – hanno poco, in certi casi nulla. La sola costante è rappresentata dalla solidità dell’autore, dalla sua capacità di muoversi agevolmente nel genere scelto. Per riuscirci occorre pazienza, volontà, determinazione, come ho scritto anche in precedenti occasioni, a cui abbinare una sana dose di follia. Perché l’ispirazione resta una piccola fiammella imprevedibile, che permette di avvicinarla soltanto quando si diventa consapevoli della sua straordinaria fragilità.
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