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lunedì 7 agosto 2017

Un'estate di scrittura in prima, terza o seconda?

Se qualche anno fa mi avessero chiesto quale fosse la mia tecnica di scrittura preferita, non avrei avuto alcun dubbio: da sempre, come certamente sa chi mi legge, sono un accanito fan di Terry Brooks; autore che pubblica libri in terza persona con punto di vista limitato episodicamente. In sostanza, lo scrittore statunitense, celebre per il suo ormai quarantennale ciclo di Shannara, sfrutta un metodo di scrittura che prevede un salto narrativo da personaggio a personaggio: la storia è raccontata rigorosamente in terza persona al passato, vissuta da Allanon per una quarantina di pagine consecutive – due o tre capitoli – per poi conoscere la storia attraverso le azioni di Amberle o di un altro protagonista del libro. Quando ho iniziato a scrivere Fiori nella Neve, il mio primo romanzo, utilizzare questa tecnica mi è sembrato del tutto naturale, proprio perché la ritenevo nelle mie corde di lettore.

Ero confortato da un’altra mia fonte d’ispirazione: Robert Erwin Howard, fondatore della moderna heroic fantasy con il suo Conan il barbaro, Solomon Kane e altri personaggi caratteristici. Quella convinzione mi portò alla stesura del mio secondo romanzo: Luna senza Inverno.
Poi qualcosa è cambiato. Non ho mai amato le strade facili, così ho pensato bene di complicarmi la vita: perché scrivere sempre con la medesima tecnica? la vita: perché scrivere sempre con la medesima tecnica? Certo, può servire a consolidare il seguito ottenuto tra i lettori che, in questo modo, sono confortati dalla possibilità di ritrovare uno stile conosciuto e amato.

Probabilmente è questa una delle ragioni che hanno spinto Terry Brooks a non cambiare mai tecnica. La sicurezza: da parte di chi scrive e da parte di chi legge. In realtà, pochi lo sanno, l’autore del ciclo di Shannara ha tentato di percorrere un’altra via, per sua stessa ammissione, con la scrittura in prima persona; metodo di narrazione dalla diretta voce del protagonista, attraverso il suo unico punto di vista. Non funzionò. Terry Brooks tornò repentinamente sui propri passi riscrivendo l’intero libro e concedendosi soltanto una terza persona con punto di vista limitato soggettivo; una storia narrata al passato con la visuale del solo protagonista (La lama del druido supremo – I difensori di Shannara volume 1). Ancora una volta, mi ritrovai in perfetto accordo con l’autore statunitense, ma stavolta in anticipo: ho pubblicato Caprice e il cavaliere, con questa tecnica, poco prima di leggere il suo libro. Sono diventato così bravo da anticipare Terry Brooks? La realtà è che non esiste, come già detto, un solo metodo per raccontare una storia. In questo, l’altro mio maestro, Robert Erwin Howard, ha dimostrato un coraggio e un’intraprendenza superiore al collega. Dark Agnes, donna di spada è infatti scritto non solo in prima persona al passato, ma persino da un punto di vista esclusivamente femminile.
Esiste una variante di scrittura in prima persona al presente, che ho utilizzato in L’amore ferisce, dove l’attenzione è focalizzata sulla protagonista. Ed esiste persino una scrittura in seconda persona, dove il protagonista della storia, attraverso l’utilizzo del tu, diventa il lettore stesso. L’immedesimazione, in quest’ultimo caso, è incredibile: non puoi sfuggire ai legami con il libro e la trama assume un carattere di urgenza ai limiti della sopportazione. È un metodo poco utilizzato, oggi, difficile da padroneggiare e rischioso, per il carattere intimo che assume la stessa lettura. L’ho sperimentato. Forse lo riprenderò in futuro. L’importante non è comunque la tecnica, ma l’armonia e la fusione che questa può permettersi con le caratteristiche della storia.
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